il senso dei santi

Il legame fra odore e divinità è giustificato dallo status speciale in cui situa l’olfatto, una condizione umile ed eccelsa al contempo, al pari della stessa vita del santo. Non si può negare, infatti, che la vista abbia un blasone e un’importanza tali da essere ritenuti, gli occhi, i nobili signori del nostro corpo, due principi preziosi, splendidi, aristocratici, in rapporto privilegiato e diretto con la mente cui non solo parlano di continuo, ma dalla quale sono incaricati, per fiducia di intimo legame, a comunicare sovente all’esterno messaggi d’amore o minacce; e talvolta possono, per equivoco o per disaccordo, rivelarne i segreti senza consenso. Il parlar figurato conferma questo intenso vincolo, poiché si dice di “voler vedere chiaro” se si vuole comprendere bene una situazione e il secolo dei “lumi” fu quello degli uomini intelligenti.  Il tatto è il figlio cadetto, un valido collaboratore della vista; ne verifica le impressioni facendo il lavoro sporco, cioè palpando. Serve al non vedente e al miscredente. É serio, affidabile, entra in gioco quando si tratta di “toccar con mano”. Ha una sua bellezza propria per grazia delle mani e delle dita.  L’udito non è meno importante della vista ma, diciamo, si colloca un gradino più in basso. Le orecchie, oltre ad una forma piuttosto bizzarra e alle disgustose secrezioni prodotte, vivono in una posizione periferica, assai funzionale a dire il vero, ma che soffre la scarsa visibilità. D’altra parte l’udito è pur sempre un senso importante, fondamentale alla comunicazione, esso è soprattuto reso prezioso come ingresso per la musica ancor più che per il linguaggio umano. Non ha goduto di metafore particolari, l’udito serve per ascoltare e tanto basta. Il gusto ha avuto forse una sua cruciale importanza nell’evoluzione, nell’epoca remota delle sperimentazioni di cibi in cui il sapore poteva fare la differenza tra un elemento commestibile ed un veleno mortale; oggi come oggi, saper sentire al palato il latte scaduto può evitare sgradevoli conseguenze ma è piuttosto improbabile che tutto ciò metta a repentaglio la sopravvivenza della nostra specie. D’altronde “gusto” è sinonimo di “preferenza” o “inclinazione”, e la differenza tra cibo e veleno è spesso solo questione di latitudine. Ma la metafora del gusto ci dà conto della grande importanza materiale e simbolica che continuiamo a decretare per questo senso. La delusione è amara, un animo può essere dolce. Conosciamo il sapore della vittoria e della sconfitta. Diciamo “gusti musicali”, “gusti letterari”, “gusti sessuali” come se la bocca fosse l’ingresso simbolico del tutto in noi, come se dovessimo mangiare musica, libri e sessi. 

E infine l’olfatto, il senso che vive in una dimensione allo stesso tempo concreta ed immateriale, corporea e metafisica, il senso della santità. Si serve di un mezzo, il naso, che è, per sua curiosa conformazione, stilema preferito del caricaturista. Sgocciola, si screpola, è strapazzato, dedito com’è all’umiliazione e alla purga. È stato un tempo per noi umani uno strumento di sopravvivenza fondamentale, così come lo è per altri mammiferi; adesso che noi sapiens sapiens siamo diventati mammiferi di lusso, il naso è adoperato principalmente per tirare cocaina e per scegliere essenze costose con le quali imbalsamare i nostri corpi, allontanando ogni indizio di putrefazione. L’olfatto è diventato così, progressivamente, un senso di serie b, degradato a vezzi e vizi, non mai veramente utile (con le significative eccezioni delle fughe di gas, caso in cui i rilevatori elettronici sono comunque assai più ricettivi dei nasi) perché da secoli disabituato ad annusare per reale necessità ed assuefatto a rilevare pochi odori standard in un mondo di profumi omologati, di essenze ripetitive, in un mondo deodorato e disincarnato. Forse è stato in questo percorso di smaterializzazione che l’olfatto ha perso la sua funzione più immediata, liberato dai suoi compiti, esautorato dalle sue competenze, ha subito una metamorfosi fino trascendere la sua natura e a diventare sesto senso, il senso del presagio (puzza di guai), della premonizione (subodorare) e dell’intuito (fiuto), della circospezione (annusare l’aria) del tentativo (andare a naso) e del guadagno (dei soldi non si sente il sapore, ma il profumo). È un senso che si rivolge anche al passato, è il senso della nostalgia, del ricordo e della malinconia. È il senso dei santi.