ridimensionati nel desiderio

Il progetto di realizzazione dell’autostrada era morto dopo soli dieci km, all’avvicendarsi della giunta regionale. Era accaduto, come sempre accade, che le nuove forze al potere non avevano individuato particolari motivi di interesse in quel progetto che era stato pensato senza un adeguato coinvolgimento dell’opposizione, come si suole dire, o almeno di qualche amico o parente dell’opposizione, come invece è bene credere [dispiacerebbe qualora ciò apparisse eccessivamente generico e populista: il tono tendente alla “saggezza popolare” è dovuto, più che a naturale predisposizione, a necessità di sintesi. Si spera comunque che nelle sententiae possiate trovare pure il caso vostro particolare, e verificato].

I lavori appena iniziati erano stati fermati, lasciando un dubbio generale sia sul perché fossero partiti che sul motivo per cui fossero stati interrotti. Si rinnovava così quel fenomeno ciclico in cui la mala gestione, la confusione straordinaria dei soggetti, l’inconcludenza imbarazzante delle iniziative suggeriva alla popolazione la sensazione dell’incapacità del politico piuttosto che della sua disonestà.

Dopo decenni di governo del centrodestra – una specie di ininterrotto feudalesimo di collaudata tradizione democristiana con guida l’ex chirurgo A. De M. –  il centrosinistra aveva vinto le elezioni candidando l’imprenditore V. C. il quale, a dire il vero, rappresentava una perfetta continuità con il predecessore in quanto a ideali, deontologia professionale, collezione di omaggi vassallatici. 

E tuttavia, in coincidenza dell’insediarsi del nuovo Presidente, la Procura aveva fermato i lavori sulla fondovalle per gravi irregolarità riguardanti l’utilizzo di materiale scadente, emissione di false fatture, infiltrazioni ‘ndranghetiste, con grave apparente scorno di De M., che tanto si era speso perché il governo del suo partito inserisse l’autostrada nel piano delle opere strategiche. Si aggiunga pure che, per ventura, De M. si trovava ad essere cognato di A. Mazzarello, titolare della ditta vincitrice di appalto, per averne sposato la sorella Ottavia e se ne calcoli in tal modo la raddoppiata delusione. 

I molti tifosi di centrodestra – per lo più gente con i figli da far sistemare dalla coppia De M. & Mazzarello – parlarono di toghe rosse e denunciarono la rappresaglia comunista: così la politica della Regione prendeva a riprodurre su piccola scala i fasti nazionali, conferendo tragica credibilità alla grottesca miniatura; e, sembrando tale dialettica fornire l’apparenza di un acceso antagonismo e perciò una parvenza di lotta al dispositivo politico nel suo complesso, non furono pochi quelli che tra professoresse di lettere, avvocati progressisti, archivisti bibliotecari, attori di teatro e altri umanisti, valutando la posta in gioco assai più importante di quanto non fosse, si misero a celebrare la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento. Ad accrescere il senso di liberazione contribuiva poi il palese conflitto di interessi della famiglia Mazzarello-De M., dinastia radicata e ramificata di politici e imprenditori, costruttori, ras della sanità privata: piccoli magnati municipali che tentavano la scalata dell’impero.

I fanatici della meritocrazia (quelli che non avevano momentaneamente figli o nipoti da far sistemare dalla coppia De M.- Mazzarello o avevano figli e nipoti dai profili nobilitati da studi di grande tradizione ma concretamente imbarazzanti, tipo laureati in archeologia), insieme ai reduci di Rifondazione, gli ex girotondi e popolo viola, si ostinavano a considerare gli eventi giudiziari come riscosse politiche, segnali di una frattura tra il vecchio mondo e il nuovo, e si lasciavano andare a fervidi magnificat  fin da subito destinati all’imbarazzato oblio dei senni di poi. E infatti non ci volle molto a spegnere gli entusiasmi palingenetici, ad evacuarli nell’orgasmo appena appena catartico della sentenza e a rivelarsi, quelle urgenze democratiche e rigenerative, la solita smania manettara, facile ad infatuarsi delle procure allorché perseguano i birboni, così come adorano che la Provvidenza punisca Don Rodrigo e risparmi Lucia. Codesta è gente intimamente persuasa – per fatale commistione di socialismo dilavato e manzonianesimo * – che, può esser gastigo, può esser misericordia, finalmente c’è giustizia a questo mondo! E non c’è dubbio che il gastigo giunga per i prevaricatori (destra) e la misericordia per i prevaricati (sinistra), quali loro certamente credono d’essere (e cioè credono d’essere prevaricati e credono d’essere di sinistra). Bisogna solo d’aver pazienza e affidarsi ai criptici ma evidentemente socialdemocratici progetti di Dio.

Alla fine del processo per l’autostrada, comunque, tutti gli imputati erano stati assolti in Cassazione (misericordia). E così pure la delusione delle ditte di costruzioni del gruppo Mazzarello, indagate per l’autostrada, fu lenita da congrui risarcimenti (grazia retributiva della misericordia). Le indagini della procura si risolvevano, così provvidenzialmente, a favorire la felicità di tutti, obbligando lo Stato a ripagare l’inazione di imprenditori ed esperti interessati; e tutto l’accaduto e ogni singolo accidente, suonava come un concerto per interpreti dotati di un’attendibile, sebbene limitata, capacità di improvvisare per un pubblico di audiolesi e con un finale già scritto in chiave fallimentare. Anche i commenti erano parte dello spettacolo e contribuivano a fare teatro: le avvedute letture dei machiavellici, il garantismo di vassalli valvassori e valvassini, il giustizialismo dei social-manzoniani. Tutto contribuiva, lambendo ciascuno anche solo di poco la realtà con la propria verità, a rendere famigliare e sempre digeribile il guazzabuglio

Le molte opere incompiute o inutilizzate che puntellavano la Regione, come una macabra collezione di aborti, procuravano al massimo tacite perplessità o effimere indignazioni, peraltro assai difficili a trasformarsi in ira funesta; talvolta, provocavano la pubblica soddisfazione di un comitato ambientalista (soggetti polimorfi costituiti da sinceri attivisti, dilettanti studiosi del patrimonio archeologico e naturalistico regionale ed estromessi dagli affari) e, sempre, ogni singolo fallimento assicurava l’appagamento di coloro che in ogni caso preferiscono il non fare al fare, così, naturaliter, portati d’istinto ad all’inazione: atavico terrore di novità, antico di molti secoli di servitù della gleba, perfezionato dal più recente clientelismo DC, calcificatosi per effetto della crisi economica. Disfattismo già genetico, poi nichilismo consolatorio, per sopravvivenza, di una razza di ridimensionati nel desiderio.