Morirò nel vecchio stile preoccupandomi ancora per l’avvenire.
Amelia Rosselli
crociate
Lo sente Orlando che la morte l’afferra
giù dalla testa fin sul cuore gli scende.
Il 25 agosto del 1270 moriva a Tunisi Luigi IX, il re santo di Francia. Si trovava lì ad espletare i suoi doveri di re e di cristiano alle crociate. Nonostante la vulgata parli di un’epidemia di peste – penosa e ripugnante come morte ma adeguatamente tragica e peraltro nobilitata da una straordinaria tradizione letteraria – risulta ormai acquisito che Luigi morì di dissenteria.
Fin sotto un pino se n’è andato correndo,
sull’erba verde ci si è accanto disteso
la spada e il corno sotto sé si mette.
Spietatamente si muore fuori di poesia, in assoluta mancanza di dignità. È poi compito dei poeti o degli agiografi, in caso, sterilizzare gli ambienti, stilizzare i tratti, santificare le vite, profumare la morte.
Volta ha la testa alla pagana gente,
e così ha fatto perché vuole davvero
che dica Carlo e con lui la sua gente
che morì il nobile conte da vincitore.
Anche il Barbarossa morì alle crociate, nella terza per la precisione, in una maniera tanto indecorosa quanto quella di Luigi e cioè annegato ingloriosamente – Dio ce ne scampi – per un blocco intestinale dovuto all’acqua troppo fredda – acqua che gli arrivava al ginocchio- di un fiume della Cilicia.
Aspettare almeno tre ore dopo mangiato. Ci sono raccomandazioni materne che andrebbero seguite anche se sei l’imperatore del Sacro Romano Impero (e hai settant’anni).
Confessa le sue colpe ripetutamente,
per i peccati in pegno offre a Dio il guanto.
Verrà la morte, sempre oscena, senza la serietà che falsamente le si attribuisce, senza solennità alcuna.
Lo sente Orlando che il suo tempo è finito,
volto alla Spagna è in cima a un poggio aguzzo
con una mano il petto s’è battuto.
La quale mancanza di gravitas non implica facezie né esclude patimento perché la morte, è notorio, spesso duole. Un’agonia non è cosa indolore and is not funny nei pure suoi indiscutibilmente bizzarri tratti.
Mea culpa, Dio!, verso le tue virtù, dei miei peccati,
dei grandi e dei minori che ho commesso
da quando venni al mondo fino ad oggi,
che qui son stato preso.
In modo sconcio e indecoroso morirono Luigi il Santo e il Barbarossa e codeste morti furono di per sé tutt’altro che degne, con la differenza fondamentale che quella del tedesco rimane la morte goffa e anche seccante d’un vecchio re e quella del francese la morte d’un santo. E la morte dei santi fa miracoli.
Il guanto destro perciò ha teso a Dio,
angeli scendono giù dal cielo a lui.
* il testo è pensato per coro e solista -> gli estratti della Chanson de Roland siano declamati da 12 bambini tra i 6 e i 7 anni e mezzo; il testo in prosa da un corifeo, preferibilmente un prelato, preferibilmente africano (direi Ruanda, ma a seconda di quello che si può avere…). Sarebbe opportuno che i bambini fossero battezzati. Necessariamente, invece, i bambini dovranno essere tutti proveniente dall’Alsazia o dalla Lorena. Il pezzo andrà eseguito di 25 agosto, all’alba e/o al tramonto a partire dalla provincia di Aquisgrana e poi, via via, a raggiera, nelle altre direzioni.